Seifenblasen

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Berlin, Paul Lincke Ufer. Foto di Paola Amorosi

martedì 9 giugno 2020

Cosa Resta della DDR

Il presente post risale ad 11 anni fa, quando vivevo a Berlino. Allora mi fu proposto di scrivere un articolo sulla DDR per un periodico cattolico, cosa che ho fatto molto volentieri. Non ho mai capito per quale motivo non lo abbiano mai pubblicato. Visto che è valido ancora oggi, lo pubblico qui sul mio Blog.
   Berlino, dicembre 2009 - Da poco sono terminati i festeggiamenti per la "caduta del muro", preceduti da una campagna mediatica martellante, e già si è fatto silenzio attorno al muro e gli eventi storici che hanno portato dopo 45 anni dalla fine della guerra mondiale alla riunificazione della Germania. Si è tornati all'ordine del giorno ed in televisione e sulla carta stampata sono ben altri argomenti a tenere banco. Eppure c'è chi si chiede che cosa resti della Repubblica Democratica, lo stato tedesco scomparso ed annullato venti anni fa, del quale sempre meno persone hanno un ricordo diretto. La RDT, o DDR, è stata inglobata dalla Repubblica Federale di Germania —anche se sono in pochi a sostenerlo—, con una specie di inciucio costituzionale. In teoria si sarebbe dovuta convocare una assemblea costituente, ma ci si è accontentati di una modifica brevi manu di un preambolo che rimandava ad una assise costituente da tenersi a riunificazione avvenuta, che però non è mai stata convocata. Da come veniva descritta dalla stampa, specialmente quella popolare e scandalistica, e da quello che si raccontava in televisione e persino nelle scuole, la DDR doveva essere un inferno in terra, una terrificante dittatura nella quale non vi era nessuno spazio per il singolo, al quale veniva tolto tutto.
   Le fughe degli intellettuali, e sedicenti tali, e di giovani operai e tecnici specializzati, istruiti a spese dello stato ad est, che venivano attirati con promesse e lusinghe verso occidente, sono il motivo principale per il quale fu presa la dolorosissima decisione di erigere il "muro". Con esso la situazione si stabilizzò e fino agli inizi degli anni ottanta le condizioni materiali della popolazione migliorarono, soprattutto per quanto riguarda i servizi sociali. Ma la propaganda occidentale, che non si limitava solamente a giuste critiche, in alcuni casi soleva inventare, a volte cose assurde. Quando da parte di simpatizzanti della DDR occidentali si fece notare che ad est la mortalità infantile era in percentuale la metà di quella occidentale, si rispose dicendo che pur essendo vero, questo obiettivo veniva raggiunto obbligando le donne a sottoporsi ad esami ed eventuali cure prenatali, e questo era contrario ai principi di libertà. Quello che non dicevano era che ad est l'occupazione femminile era assai più alta e che le tutele delle lavoratrici ben più estese. Prima dell'89, parlando di agricoltura, si pronosticava l'immediata scomparsa delle cooperative agricole, che sarebbero state tutte costituite con la forza, togliendo la terra ai contadini.
   Questa era la versione diffusa dai latifondisti del nord della DDR fuggiti ad ovest a guerra finita, i cosiddetti Junker, dalle cui fila venivano un gran numero di ufficiali e non pochi convintissimi sostenitori del nazismo. A loro si che le terre furono confiscate nel'46, ma per essere distribuite ai contadini i quali sulla base di accordi alleati erano stati cacciati dagli ex territori tedeschi ad est dei fiumi Odra e Neisse. Nella parte meridionale della Repubblica Democratica prevaleva da tempo una proprietà contadina piccola e media e sia qui, tra i contadini da generazioni legati al proprio podere, sia tra quelli affluiti dopo la guerra, nel corso degli anni cinquanta, nel quadro di un complicato processo politico, furono formate le cooperative agricole, che avevano come obiettivo la ricomposizione fondiaria, il miglioramento tecnico-produttivo ed un innalzamento culturale e materiale degli impiegati in agricoltura. Tra le tante cose va detto che i singoli contadini non persero il titolo di proprietà sui fondi conferiti, ed in teoria dopo la scomparsa della DDR si sarebbero potuti rimettere in proprio. Ma solo pochi lo hanno fatto, e le cooperative, pur modificando chi più chi meno la forma giuridica, adattandosi alle condizioni di mercato completamente cambiate, esistono e producono ancora oggi, alcune con successo. Della vecchia DDR restano spesso gusti ed abitudini, che da parte di persone, che continuano ad odiare la DDR anche se non esiste più, vengono riuniti sotto il termine dispregiativo di "ostalgia". Se per 40 anni ad est hanno bevuto vini ungheresi, rumeni, bulgari e georgiani, o se per lo stesso periodo hanno avuto tutto il tempo di abituarsi a ricette russe, non è certo colpa loro se non mangiano le stesse cose degli occidentali. Alcune cose addirittura dopo l'unificazione hanno vissuto una specie di seconda primavera, come il famoso "Ampelmännchen", l'uomino rosso che sta fermo e l'uomino verde che cammina dei semafori. Dopo venti anni non solo si è imposto a Berlino ovest, ma è già apparso in diverse città occidentali. Un tema che viene ripetutamente ridibattuto e rimasticato è quello della STASI, la polizia politica ed il suo complesso apparato di funzionari ed informatori. Dato che gran parte degli archivi si sono conservati, nonostante alcuni tentativi, solo in parte riusciti, di distruzione della documentazione, abbiamo interminabili elenchi di persone contattate, interrogate, coinvolte a vari livelli ed ancora chilometri di relazioni, rapporti, verbali di pedinamento, informative, intercettazioni telefoniche e corrispondenza verificata, come se ne trova abbastanza anche nel resto del mondo, che molto spesso viene usata "politicamente". Se ad esempio un parlamentare, ex cittadino della DDR, pesta qualche callo sbagliato, prima o poi salta fuori il fascicolo della STASI, fatto che a volte basta per discreditarlo. Cosa vi sia poi veramente scritto, interessa relativamente. La critica occidentale punta il dito sul fatto che lo stato orientale sorvegliasse i propri cittadini.
   Certo, magari a volte esageravano pure un poco, ma la Repubblica federale non solo teneva e tiene sotto osservazione, come tutti gli stati al mondo, i propri cittadini, ma per una quarantina di anni ha aperto fascicoli su circa 42.000 cittadini della DDR, cioè di un altro stato, col fine di processarli ad unificazione avvenuta; un fatto che contrasta con gli elementi basilari del diritto internazionale, ma nessuno si scalda per una cosa del genere. Tutta questa storia dei servizi di sicurezza presto finirà, e resteranno milioni di bei rapportini scritti da informatori che in questo modo arrotondavano lo stipendio ed i quali a volte se non avevano niente da scrivere sul vicino, sul collega o sul parente, inventavano, creando una specie di genere letterario che prima o poi qualche critico scoprirà. Sempre a proposito dei servizi poco tempo fa qualcuno gridò allo scandalo, perché tra gli addetti alla sicurezza della cancelliera Angela Merkel si trovano alcuni ex agenti della STASI. La notizia non è mai stata smentita, ma messa subito nel dimenticatoio. Del resto, ha osservato qualcuno con ghigno ironico, per la propria sicurezza la Merkel vuole gente di cui si possa fidare, alludendo alle voci secondo le quali lei stessa abbia un passato di agente legato alla polizia politica. A venti anni dal naufragio, io direi l'affondamento, della DDR, di questo stato, nel quale hanno pure vissuto la loro vita degli esseri umani reali, si sa poco e col passare degli anni si saprà sempre meno. Pochissimi ad esempio sanno che nella DDR nel 1951 (piena epoca staliniana!) fu fondato a Lipsia il St. Benno-Verlag, una casa editrice cattolica, la quale non solo in quella che la propaganda più rozza definiva sbrigativamente "Germania comunista", ma negli altri paesi "oltre la cortina di ferro" svolse un importante ruolo tra i cattolici, non politico, ma di fede e teologia, distribuendo le proprie pubblicazioni anche in Germania occidentale. Esiste ancora oggi e non ha nessuna intenzione di smettere. La storia della DDR, con le sue ombre e le sue luci resta da scrivere, ma forse ci vuole ancora del tempo prima che che sia possibile con la giusta pacatezza ed obiettività.

mercoledì 7 dicembre 2016

Tracollo di consensi per la Merkel

Dopo applausi a scena aperta nell'arco di 70 minuti ed una standing ovation finale di oltre dieci minuti, finito il discorso di autoinvestitura per un ulteriore mandato alla guida del suo partito, che presuppone una permanenza in sella al cancellierato è arrivata la doccia fredda: solo l'89,5 % dei delegati al Congresso nazionale della CDU ha votato a favore di Mutti, la mammina di tutti i tedeschi.
  La notizia l'hanno data proprio in questo modo praticamente tutti i telegiornali e le principali testate tipografico-elettroniche. Chi ascolta a mezzo orecchio tende a capire che la Merkel è ormai alla fine del proprio ciclo politico di potere.
  I commentatori fanno a gara a trovare segni palesi di debolezza e decadenza e gonfiano affermazioni quasi marginali, in quanto a contenuto, fino a farli diventare passi in dietro determinanti e sconfitte brucianti.
  Un brivido di emozione ha attraversato la platea congressuale nel momento in cui Angela ha dichiarato, in modo inusualmente veemente, che la "Vollverschleierung" (la copertura completa del volto) sarà in futuro vietata in modo severo.
  Una incredibile retromarcia della ferrea cancelliera viene individuata e diffusa dai giornalisti che ci tengono a passare per critici o vagamente alternativi, alternativi a cosa non si sa.
  Nessuno dice che in tutta la Germania le donne che usano il burka o che coprono completamente il volto in pubblico saranno al massimo poche decine. Ne restano alcune centinaia di migliaia che potranno portare indisturbate dalle istituzioni il loro panno in testa, oltre a dover sentire commenti razzisti o sopportare atteggiamenti ostili da parte di vicini cretini.
  La Merkel ha ceduto anche su di un problema veramente fondamentale: la doppia cittadinanza. Apriti cielo! Chissà che disastro per la Merkel fanno capire i commentatori. Lei tranquilla dice subito che una cosa sono le posizioni del partito, ed altra cosa sono i temi concordati nell'ambito della coalizione di governo. La doppia cittadinanza è stata contrattata e decisa, con un piccolo compromesso con i socialdemocratici, e dunque tutto come prima.
  Dietro a questo teatrino c'è un altro problema, che sta venendo sempre di più alla luce, ma del quale poco si parla, ancora. Sul fronte elettorale la Merkel sembra inamovibile e la costellazione politica attuale, considerati i rapporti di forza tra le varie formazioni non rende possibile altro che la grande coalizione guidata dal tandem CDU/CSU (democristiani tedeschi e bavaresi) insieme alla SPD, i socialdemocratici, sempre più insofferenti ed in calo elettorale preoccupante. Il recente exploit della AFD, il partito "populista" non cambia la situazione. Con questa destra nessuno farà mai una coalizione, neanche la CSU, ma i dati sul consenso sono già in calo e presto qualche altra formazione effimera farà un rapido passaggio sulla passerella della politica tedesca.
  La SPD vuole a tutti i costi riconquistare la cancelleria, ma non ha i numeri per sganciarsi dal legame con la Merkel. Per questo motivo, piano piano, si è cominciato a parlare di una nuova possibile alleanza che vede insieme ai socialdemocratici i verdi e la "Linke", il partito della sinistra tedesca che oramai non è più un partito attestato esclusivamente sul territorio della ex Repubblica Democratica Tedesca, ma una forza politica nazionale che praticamente in tutti i "Länder" supera la barriera del 5% e con la sua media nazionale del 10% dei voti permetterebbe la formazione di un governo rosso-rosso-verde. Se fino a pochi anni addietro solo a parlarne si alzava subito un polverone di improperi, negli ultimi mesi questa specie di nuovo fronte popolare viene percepito come una cosa possibile. Addirittura Sigmar Gabriel, il capo dei socialdemocratici, si è affacciato ad una riunione a tre, senza che scoppiasse uno scandalo.
  Certo Angela Merkel non sarà scacciata via dal 10,5% di oppositori interni al proprio partito, ma da una fine della grande coalizione fino a qualche mese fa assolutamente impensabile.
  Qualcosa si muoverà anche nella solitamente granitica politica tedesca e ci lasceremo stupire dalla prossima sorpresa elettorale.
  Le premesse per una svolta politica improvvisa, inattesa e profonda in Germania ormai ci sono tutte. Staremo a vedere.

venerdì 2 dicembre 2016

L'Anno internazionale dell'Elefante

Ho appena terminato un'esperienza di un paio di mesi in "Germania" e di nuovo mi sono reso conto di quanto sia importante una corretta informazione sulla vera essenza della stessa, tanto che voglio riprendere questo mio blog e pubblicare con una certa regolarità.
Ho usato le virgolette per il nome del paese, perché è il nome dato all'area geografica da Tacito, sulla quale oggi in parte insiste la cosiddetta "Repubblica Federale di Germania", un organismo parapolitico, per certi aspetti simile all'IS, essendo uno stato autoproclamato. Unica differenza: l'IS non è stato riconosciuto da nessuno, almeno ufficialmente, la cosiddetta "RFT" a suo tempo prima solo da una ristretta cerchia di paesi fedeli o sottomessi agli Stati Uniti, poi dagli altri, nonostante non fosse perfettamente conforme ai criteri stabiliti dal Diritto Internazionale.
Le cose sino ad ora dette possono aver confuso più di qualcuno. Per questo comincio da lontano e racconto una barzelletta risalente agli anni '40.

L'Anno Internazionale dell'Elefante
Nel 1930 una commissione internazionale di studiosi lanciò l'idea di proclamare l'anno internazionale dell'Elefante. Le adesioni ufficiali furono tantissime, ma a causa delle varie crisi che attraversarono il mondo le cose andarono un poco a rilento. Nel 1935 si decise di fissare l'evento ad esattamente dieci anni dopo e tutti i paesi aderenti furono invitati a formare commissioni apposite ed a comunicare il tema che avrebbero voluto affidare ad uno scelto gruppo di scienziati ed intellettuali.
Le proposte a mano a mano arrivarono alla commissione centrale, ed anche lo scoppio della seconda guerra mondiale non fermò l'alacre lavoro degli addetti.
A finire per primi il proprio lavoro furono gli Stati Uniti, i quali prepararono un elegante volume in brossura di 96 pagine con copertina monolucida ornata da una bella immagine a colori. Il titolo dell'opera fu naturalmente: "Bigger and Better Elephants".
L'impero di Sua Maestà Britannica, che certo non poteva essere da meno rispetto ai cugini americani, pubblicò poco dopo tramite il "H. M. Stationery Office" un volume di 256 pagine con copertina rigida in tela blu, sulla quale era impresso a caratteri d'oro "100 Ways to Cook an Elephant“; in antiporta un’immagine della Famiglia Reale ripresa durante una visita nelle proprie colonie.
La Spagna, subito dopo la fine della Guerra Civile, presentò un volume formato altlante di 72 pagine, di cui otto di splendide tavole in bianco e nero di rara nitidezza, che affronta il tema dell’elefante nelle visioni dei mistici iberici del XVII° secolo.
La confederazione elvetica approfondisce invece il tema sviscerando la questione dell’elefante nell’araldica municipale svizzera e l’alto valore simbolico a sostegno della propria indipendenza e neutralità di cui è portatore, attraverso un manualetto tascabile dalla copertina smaltata rossa recante uno scudo caricato di una croce greca in argento.
La Francia, nonostante, o forse anche per via dell’occupazione subita dopo l’inizio della guerra offre all’attenzione internazionale uno studio, in una agile brossura cartonata di sessantanove pagine, intitolato "La vie amoureuse de l'éléphant" (senza illustrazioni).
L'Italia produce invece tramite il CNR, in collaborazione con il Ministero dell'Africa Italiana ed il Ministero della Cultura Popolare, un opuscoletto di 16 pagine (comprese le copertine), dal significativo e combattivo titolo "Omaggio al Duce dell'elefante". (Va qui notato che per ovvi motivi la Presidenza del Consiglio dei Ministri dopo l'8 settembre '43 ritirò l'opera e nel '45 la sostituì con una pubblicazione di 16 pagine (comprese le copertine), intitolata "L'elefante ed il suo ruolo nella lotta di Liberazione Nazionale" a cura del Ministero per la Ricostruzione Nazionale).
Infine la Germania, la quale, nonostante il pazzesco impegno bellico, in gran segreto fece elaborare dai migliori scienziati del settore una monumentale opera in sei volumi di 360 pagine cadauno, rilegati a capitello in pelle nera, tagli dorati e stampato su carta a mano intitolata: "Discorso preliminare alla prefazione dell’introduzione alla storia generale dell'elefante".

lunedì 7 settembre 2015

I falsi misteri di Angela Merkel

L'apertura delle porte ai perseguitati non dovrebbe sorprendere.


  Pare che tutta l'Europa sia stupita dalla "svolta" di Angela Merkel. Come d'incanto sarebbe diventata "buona", dopo almeno un decennio di "cattiveria". Ma ovviamente non è così. Angela Merkel è una tipa coerente e quando le è possibile fa quello che dice e che ha sempre sostenuto.
Per capire, basterebbe conoscere un po' meglio la sua biografia, la quale permetterebbe di comprendere quello che fa e, per capirci, da che parte stia veramente.
  La prima fonte da consultare è naturalmente la biografia ufficiale sul sito della cancelleria federale. È molto scarna, ma già tra i pochi dati salta agli occhi un fatto per lo meno strano. Inizia a fare politica nel 1989, aderendo ad un movimento nato alla vigilia dell'apertura del muro di Berlino. Solo in seguito, negli ultimi giorni della DDR, si iscrive alla CDU (la democrazia cristiana tedesca) della DDR, cioè aderisce ad un partito che di li a poco sarebbe confluito ed assorbito completamente dall'omologo occidentale, la CDU di cui è ora il capo indiscusso e che l'ha portata nel 2005 alla carica di cancelliere.
  La stranezza sta nel fatto che è entrata nella politica attiva relativamente tardi per fare una carriera supersonica che non trova altri paragoni.
  Sono anni che escono su di lei biografie, pamphlet, dossier giornalistici, interviste e servizi televisivi che riportano montagne di notizie ma egualmente non riescono a capire e far capire quale sia il mistero di questa donna indubbiamente capace e molto più potente di quello che il suo modo di presentarsi farebbe supporre.
  In genere i giornalisti anglosassoni insistono sul fatto che Lei sia vissuta nel "paese più paranoico del mondo comunista" e che il suo carattere sia stato forgiato dal terrore in cui viveva nel periodo della guerra fredda (citato dal servizio della BBC "‪The making of Angela Merkel‬ ‪(unusual politician) a German enigma‬" di ‪Andrew Marr‬). Con questa chiave di lettura i bravi giornalisti inglesi ed americani ed i loro epigoni non riusciranno mai a capirla.
  Qualche dubbio dovrebbe venire loro se riflettessero meglio sul fatto che la Merkel, pur essendo nata ad Amburgo, in Germania occidentale, il padre, un pastore protestante, se la portò appresso in fasce a Templin, una cittadina spersa nel Mecklenburgo. Nonostante la paranoica dittatura comunista il padre aprì un seminario per aspiranti pastori protestanti che prosperò nonostante le criminali persecuzioni di cui ci parlano sempre in particolare i giornalisti statunitensi.
  La cosa che probabilmente non riescono a capire i pensatori a stelle e strisce è poi il fatto che nonostante il padre non solo non fosse comunista, ma addirittura sacerdote, la sua figlia ebbe una normale carriera scolastica ed universitaria.
  Tutto questo vuol dire varie cose. Innanzitutto che la storia della DDR probabilmente fu diversa, almeno di un pochetto, da quella che per quaranta anni ci hanno raccontato; secondo che la carriera formativa di Angela basava non su posizioni politiche giuste o sbagliate, ma su di una particolare intelligenza, della quale parlano tutte le persone che l'hanno conosciuta a suo tempo, compresi maestre, insegnanti e professori.
  Ma se non fece attività politica, fatto che non la danneggiò affatto, fu attiva socialmente, partecipando alla vita sociale del proprio paese con normale entusiasmo. Lei stessa lo dice pubblicamente e non ci trova niente di strano ad essere stata addirittura membro dell'associazione di amicizia DDR-URSS.
  Ma c'è anche un motivo per il quale ha potuto prendere una posizione così "sorprendente" in merito alla questione dei profughi, o rifugiati o anche fuggiaschi. Per quanto riguarda il razzismo le sue dichiarazioni e prese di posizione sono sempre state chiaramente ed inequivocabilmente contro ogni forma di razzismo. Se avesse però detto solo un anno fa che avrebbe aperto le frontiere ai profughi, forse la Germania avrebbe reagito con molto fastidio, ma il clima è cambiato nelle ultime settimane tra i tedeschi sono in qualche modo tornate a galla immagini drammaticamente familiari a milioni di loro, ma delle quali per complessi motivi poco si parla: i tedeschi scacciati dalle zone orientali alla fine della seconda guerra mondiale. Non c'è tedesco che non conosca almeno un connazionale ex-profugo (ed oggi i relativi discendenti) che sfollarono da Romania, Ucraina, Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Prussia orientale, Pomerania, parte del Brandenburgo e Slesia. Il dramma della fuga fa parte della coscienza collettiva dei tedeschi, in un perverso equilibrio con l'elaborazione dei drammi biblici causati dai tedeschi stessi ad altri popoli europei, balcanici ed orientali.
  Angela Merkel non ha fatto niente di straordinario e non ci sono misteri: si è sempre dichiarata a favore della solidarietà verso chi soffre ed ha sempre avversato ogni rigurgito razzista. Ha solo aspettato il momento giusto ed ha aperto le porte ai perseguitati tra il consenso e gli applausi di una (finalmente!) maggioranza di tedeschi. Tutto qui.

mercoledì 26 agosto 2015

Schäuble - Potere e debolezza

Un documentario dell'ARD aiuta a capire meglio la situazione

4th EPP St Géry Dialogue; Jan. 2014
  Il 24 agosto 2015 la ARD, il primo canale televisivo pubblico tedesco, ha mandato in onda un documentario dal significativo titolo: "Schäuble - Potere e debolezza". Se venisse mandato in onda dalle televisioni nostrane, forse qualcuno inizierebbe a cambiare opinione su Angela Merkel e Wolfgang Schäuble e capirebbe meglio che partita si sta giocando nel nostro continente.
  L'opinione superficiale e condizionata dai mezzi di comunicazione di massa prevalenti, tanto in voga tra chi ama capire tutto in pochi secondi e commentare immediatamente con frasi ad effetto, immarcescibili, la situazione è chiara: Merkel e Schäuble vogliono conquistare il mondo ed hanno cominciato sottomettendo alla Germania l'Europa intera; prima vittima la Grecia.
  Nel documentario appare più di una volta il collega greco di Wolfgang, il telegenico Varoufakis, il quale ad un certo punto dice una cosa a dir poco pazzesca. Il suo racconto si può riassumere così: in un colloquio a quattr'occhi Schäuble propone una uscita temporanea dall'euro della Grecia. Gianīs chiede di rimando se ha un mandato specifico per una proposta del genere. Wolfgang tace. Gianīs si informa e viene a sapere che questo mandato non esiste, almeno da parte di Angela.
  Questo fatto mette sottosopra l'idea troppo semplicistica che in tanti si sono fatti, cioè di un asse d'acciaio tra la Merkel ed il suo ministro delle finanze, per la conquista d'Europa.
Se l'asse c'è, è di legno, cioè fragile, e vuol dire che Merkel e Schäuble hanno obiettivi diversi. Se l'una vuole ad ogni costo salvare l'integrità dell'euro, l'altro è disposto e rischiarne l'indebolimento, se non addirittura il naufragio.
  Il documentario non fa commenti e non avanza ipotesi, riporta solamente fatti e circostanze. Ora tra i fatti c'è un incontro avvenuto presso la sede americana della Deutsche Bank tra Schäuble ed un "gruppo di investitori", in pratica i rappresentanti delle principali banche d'investimento, Morgan Stanley, J.P. Morgan, Goldman Sachs ed altre ancora, per parlare della Grecia. Riferendo di questo incontro Schäuble dice candidamente: "I banchieri sono preoccupati costantemente per i loro investimenti. Fanno i loro affari, vogliono guadagnare bene, dunque li disturba tutto ciò che li mette in difficoltà. Sono preoccupati per le incertezze e le turbolenze della moneta comune europea. L'euro è la seconda valuta al mondo per importanza ed è fondamentale per l'economia mondiale. È questo ciò che li preoccupa."
  Su cosa si sia detto nella riunione con i banchieri Schäuble non dice altro e niente aggiunge il documentario, ma è noto il fatto che in caso di fallimento dell'euro, tra gli investitori alcuni farebbero dei guadagni strabilianti, avendo scommesso sul crollo della nostra valuta comune.
  Sembra quasi che cancelliera e ministro delle finanze non stiano sulla stessa lunghezza d'onda e si potrebbe pensare che l'uno voglia fare le scarpe all'altra, o addirittura che Schäuble sia servo di due padroni, prendendo iniziative apparentemente in proprio contro le intenzioni della capa. Se così fosse davvero, non si spiegherebbe come mai il ministro non venga dimesso, cosa che sarebbe ovvia, anche perché questo doppiogiochismo non è stato reso noto solo ora, ma se ne sentiva parlare da qualche tempo.
  La cosa diventa comprensibile solamente esaminando da vicino le caratteristiche personali di Schäuble, abilmente riassunte nel titolo del documentario. Lui è notoriamente ambizioso e sin dai primi passi fatti in politica ha puntato in alto. All'ambizione si deve comunque aggiungere una viva intelligenza, buona preparazione ed anche una discreta simpatia. La sua carriera è stata velocissima e ben presto diventa l'uomo di fiducia dei Helmut Kohl, il quale, nei giorni della "riunificazione", gli affida incarichi complessi e delicati, che porta a termine con grande soddisfazione per il capo.
  Un altro suo pregio, l'assoluta lealtà nel bene e nel male, gli tarpa però le ali. Quando, dopo la cosiddetta "caduta del muro", Kohl viene travolto da uno scandalo di oscuri finanziamenti illeciti da parte dell'industria degli armamenti, lui fa da scudo per Kohl e viene travolto, pagandone le conseguenze per lunghi anni.
  Questa sua ferrea lealtà lo fa rimanere al fianco della Merkel, la quale sa che in linea di massima può fidarsi, anche se a volte sembra voler concedere un po' di lealtà ad altri, i banchieri americani, ad esempio.
  Insomma, Merkel e Schäuble non sono proprio come certa stampa menzognera italiana ci racconta, ma bisogna a questo punto constatare, che se un contrasto c'è, non è tra la Germania ed il resto del mondo ma tra Stati Uniti ed Europa. La Grecia è solo una scusa.

venerdì 21 agosto 2015

Una pericolosa “alternativa” tedesca

(Questo articolo è già stato pubblicato su "La Città Futura" del 20 dicembre 2014.
Sono state effettuate delle correzioni e piccole aggiunte.
Sulle evoluzioni del caso tornerò con un nuovo articolo prossimamente)

  La Destra in Germania attraversa una fase di fermento e di ristrutturazione. Emergono nuovi movimenti non dichiaratamente neonazisti, ma che dietro il “doppiopetto” nascondono temi xenofobi e nazionalistici e sfruttano il malessere e il risentimento sociale della piccola borghesia. Tra queste forze spiccano la AfD (Alternative für Deutschland), e la PEGIDA, acronimo che sta per Europei patriottici contro l'islamizzazione dell'Occidente.

  All'inizio c'era la "AfD", Alternative für Deutschland (alternativa per la Germania), un movimento/partito euroscettico apparso dopo il riassorbimento dei "Pirati" e la riduzione del partito liberale alle dimensioni di una bocciofila. Per la prima volta dalla fine della guerra una formazione politica non palesemente di estrema destra faceva propri temi antieuropei e razzisti. Ed ancora dal partito liberale provenivano alcuni dirigenti, i quali si erano immediatamente distinti per le proprie idee confuse, ma tendenti chiaramente alla xenofobia con un tono di sottofondo antisemita, che la FDP non era mai riuscita a dissimulare completamente e che per loro bocca veniva chiaramente a galla.
  La stampa allineata ha tentato in modo più o meno scoperto di aiutare la crescita di questa formazione dalla spontaneità dubbia e dai finanziamenti poco trasparenti, a parte i quasi due milioni di rimborso elettorale avuti dallo Stato. Proprio dal loro principale finanziatore, l'armatore Folkard Edler, si capisce in che direzione intendono marciare: no all'euro e profughi a casa loro.
  Elettoralmente non sono riusciti a superare la soglia del 5% a livello nazionale, ma hanno ormai diversi rappresentanti nei parlamenti dei Länder e una pattuglia di 7 deputati al Parlamento Europeo, accolti a braccia aperte dagli euroscettici di destra.
  Che l'AfD volesse pescare voti in una fascia di elettori moderati delusi dalla CDU lo facevano capire slogan del tipo: "I greci soffrono, i tedeschi pagano e le banche incassano", riunendo in una sola frase tipi diversi di malcontento. Ma quando si tratta di parlare degli organi di informazione, la loro vera anima si palesa. Per l'AfD i giornalisti sono il "branco mediatico", un modo di esprimersi che ricorda perfettamente il linguaggio di Goebbels, il diabolico propagandista di Hitler.
  Mancato il successo della sedicente Alternativa per la Germania, un nuovo movimento si è ora come d'incanto materializzato a Dresda. Si chiama PEGIDA, acronimo in stile tedesco che significa: Europei patriottici contro l'islamizzazione dell'Occidente. Si sono così visti sfilare per le strade di Dresda circa 10.000 cittadini tutti uniti contro "l'estremismo islamico", in difesa della "essenza umana cristiana".
Manifestazione della Pegida a Dresda
  Il successo sorprende per davvero. Innanzitutto in tutta la Sassonia, di cui Dresda è la capitale, gli immigrati sono circa il 2 per cento e i mussulmani in particolare appena lo 0,1 per cento. I motivi devono dunque stare da qualche altra parte e i partecipanti, assolutamente eterogenei, o sono dei paranoici oppure sono spinti da motivi non ancora individuati, ma dimostrano, comunque, che risentimenti nazionalistici e razzismo sono diffusi anche nel mezzo della popolazione e non più patrimonio esclusivo dei naziskin.
  Robert Koall, direttore artistico del Teatro di Stato di Dresda, ritiene che non esista ancora una sorta di guerra civile, ma mette in guarda da interpretazioni troppo affrettate. Non è un fuoco di paglia, ma si tratta di un fenomeno sociale che affonda le proprie radici in un malumore reale che si manifesta, al momento, attraverso reazioni irrazionali basate su dati falsi e informazioni manipolate ad arte.
  In questo senso è da tempo che si sviluppa una campagna che alcuni vedono come pura e semplice sobillazione.
  In prima fila si trova senza dubbio Thilo Sarrazin, già membro del direttorio della Deutsche Bank ed ex-assessore alle finanze di Berlino, personaggio discusso e discutibile, che con un suo libro provocatorio ha spacciato per dati di fatto, banali pregiudizi razzisti e autentiche panzane.
  Comunque, per tornare all'AfD, questa è stata in parte risucchiata nella presenza mediatica dalla PEGIDA, avendo entrambe le formazioni in comune gran parte della base popolare, fatta di naziskin, pensionati preoccupati e famigliole incerte e preoccupate.
  Questa settimana (fine dicembre 2014) è arrivata dalla bocca di Angela Merkel la scomunica, sollecitata a gran voce da più parti: "In Germania vige la libertà di manifestare, ma non c'è nessuno spazio per l'istigazione all'odio e alla diffamazione di persone provenienti da altri paesi".
  Questo dovrebbe arginare almeno in parte l'espansione della PEGIDA, ma esiste anche il pericolo che si sviluppino legami sempre più effettivi con movimenti neonazisti che si stanno allargando minacciosamente in diversi paesi membri dell'UE, come in Ungheria o nei paesi baltici. Ad alimentare una possibilità del genere c'è la constatazione, avanzata dal filosofo neomarxista sloveno Slavoj Žižek, secondo il quale il matrimonio tra capitalismo e democrazia è ormai finito e la porta a ogni possibile disgrazia è ormai aperta.
  Aggiornamento: Nel corso del 2015, fino ad agosto, il movimento Pegida è cresciuto solamente in Sassonia, scomparendo quasi del tutto nel resto della Germania. Preoccupante è il fatto, che negli ultimi otto mesi si sono avuti circa 200 attentati contro strutture di accoglienza per i profughi, la maggioranza dei quali perpetrati proprio in Sassonia.

giovedì 20 agosto 2015

Nazi e omicidi: la Germania si processa

(Questo articolo è già stato pubblicato il 9 gennaio 2015 su "La Città Futura" 
http://www.lacittafutura.it/mondo/europa/nazi-e-omicidi-la-germania-si-processa.html.
Sono state apportate alcune correzioni ed aggiunte esplicative. Da allora ad oggi nella vicenda si sono avuti colpi di scena e sviluppi clamorosi che tratteró in un prossimo articolo nuovo di zecca)

Quello che doveva essere un processo per dieci omicidi a sfondo razzista si sta trasformando in un procedimento contro le deviazioni dei servizi segreti tedeschi. Un gruppo terroristico denominato “Clandestinità Nazista”, ha operato almeno dal 1998 sino al 2011 soprattutto contro immigrati turchi e greci, indisturbato da chi era a conoscenza della sua attività criminale.

  Il 17 dicembre 2014, con la 172ma udienza, si è concluso a Monaco di Baviera il secondo anno del processo per la serie di omicidi compiuti dalla cellula terroristica neonazista denominata “Nazionalsozialistischer Untergrund” (Clandestinità Nazista), nota con la sigla NSU. In Italia questa sigla fa al massimo pensare a una piccola berlina degli anni '70 e tutta la storia sui nostri quotidiani, nelle televisioni ed in rete, ha trovato poca eco e la voce in italiano di Wikipedia è estremamente imprecisa e non riesce a dare lontanamente un'idea del caso.
  A monte del procedimento giudiziario c'è una storia lunga e complessa iniziata circa venti anni fa e mano a mano che il dibattimento va avanti sempre più particolari sorprendenti vengono a galla. Ma vediamo i fatti.
  Il 26 gennaio 1998 la polizia della Turingia operò delle perquisizioni domiciliari in seguito al ritrovamento di bombe di fattura piuttosto artigianale. A casa di tre appartenenti ad una rete neo-nazista, già noti da tempo, furono rinvenuti ordigni identici, oltre a vario materiale documentario. I tre, Uwe Mundlos, Uwe Böhnhardt e Beate Zschäpe entrarono in clandestinità, facendo perdere le proprie tracce.
  I due uomini riapparirono circa quattordici anni dopo, il 4 novembre 2011, in una drammatica sequenza criminale ad Eisenach, sempre in Turingia. Erano in trasferta a bordo di un camper per eseguire una rapina. Il colpo andò bene, ma non fecero in tempo ad uscire dalla città, rimanendo intrappolati nel cerchio dei posti di blocco. Attesero nel camper l'evoluzione degli eventi e quando videro avvicinarsi dei poliziotti appiccarono il fuoco e si suicidarono a colpi di pistola. Questa almeno la versione ufficiale distribuita alla stampa.
  Erano ancora in corso i rilievi per identificare i due rapinatori quando qualche ora dopo a Zwickau, a circa 180 chilometri di distanza, salta in aria un appartamento che era stato incendiato. Il pronto intervento dei vigili del fuoco permise alla polizia di recuperare molto materiale, tra il quale diverse armi da fuoco, un computer, che poi si rivelerà importantissimo e dei CD con un filmato di rivendicazione di 10 omicidi. Fu subito chiaro che ci si trovava di fronte alle macerie del sicuro nascondiglio dei tre latitanti. I due del camper furono infatti identificati per Mundlos e Böhnhardt, dopo di che la polizia si mise alla ricerca della Zschäpe, sospettata per l'esplosione di Zwickau. La ricerca non durò molto, visto che la donna si presentò dopo quattro giorni di fuga agli inquirenti, ma per non dire assolutamente nulla, se non “sono quella che cercate”.
  Il caso sembrava risolto. Tre fanatici neonazisti, costituenti un gruppo isolato e senza contatti esterni, apparentemente avulso dagli ambienti di estrema destra noti, aveva concluso la propria attività. Non ci si chiedeva nemmeno con troppa insistenza che cosa avessero fatto durante i dieci anni di fuga passati in un comodo appartamento superattrezzato, come se si fossero dedicati esclusivamente a delle rapine di autofinanziamento tra Sassonia e Turingia. A cambiare la scena fu la Zschäpe, la quale, prima di costituirsi, aveva spedito per posta a vari indirizzi il DVD con le rivendicazioni. Un cartone animato della Pantera rosa manipolato con discreta professionalità racconta in modo cinico ed irriverente dell'esecuzione sommaria di otto turchi, un greco e una poliziotta, alla quale avevano preso la pistola e tenuto per ricordo le manette.
  Sino ad allora, dopo ogni omicidio, le varie polizie (in Germania ogni Land ha il proprio corpo di polizia) avevano cercato i colpevoli esclusivamente tra gli immigrati stessi, dando per scontata la traccia del racket, della resa di conti tra spacciatori, di odii tra le varie etnie anatoliche o manifestazioni di non meglio precisate mafie straniere. Nonostante il fatto che tutte le esecuzioni furono eseguite seguendo un copione sempre uguale, non c'è stato scambio di informazioni tra i diversi comandi e mai nessuno ha avuto il sospetto che si potesse trattare di crimini a sfondo razzista compiuti da elementi neonazisti.
  Questa prima anomalia emersa, mise in allerta i rappresentanti di diversi partiti e si formarono commissioni d'inchiesta regionali e una federale. Venne a galla una serie di fatti incredibili: in diversi servizi di sicurezza, sia a livello locale, sia a livello federale, decine di faldoni con documenti e migliaia di file informatici riferibili al gruppo NSU, del quale ufficialmente non si sarebbe saputo nulla, erano stati distrutti e cancellati in modo illegale.
  Seguì la solita sequenza di dimissioni per stendere un pietoso velo sull'accaduto, ma la richiesta di spiegazioni non si placava. Le scuse furono quasi peggio del danno, dato che da parte dei vari servizi si disse in merito ai documenti eliminati che le norme sulla tenuta degli archivi venivano ottemperate in modo approssimativo. Ne risultava un'immagine alquanto strana dei servizi tedeschi, quasi fossero un comitato dei festeggiamenti per il carnevale. Non solo Edathy, presidente della Commissione d'inchiesta federale, ma anche il ministro degli interni federale pro tempore, il cristiano-sociale bavarese Friedrich, fecero dichiarazioni roventi e pretesero provvedimenti per chiarire fino in fondo quali fossero le responsabilità dei servizi.
  Nel 2013 si arrivò al processo. Dato che la metà degli omicidi era avvenuta in Baviera, il tribunale competente risultò quello di Monaco, dove fu allestita una aula-bunker con delle misure di sicurezza mai viste prima; all'ingresso anche i poliziotti venivano perquisiti.
Grande manifestazione antifascista a Monaco di Baviera alla vigilia dell'apertura del processo.
  L'attenzione insolita per questo processo è un altro segno distintivo che ne conferma l'importanza e il peso. La Süddeutsche Zeitung, quotidiano di Monaco, ma letto in tutta la Germania, pubblica in un blog i protocolli dei dibattimenti, riassunti poi in un fascicolo speciale a fine anno. Secondo la cronista che segue il processo, qui si tratta della storia della Germania e la stessa giornalista crede che comunque alla fine molti dubbi e interrogativi resteranno. Non a caso, dunque, il processo, che durerà, secondo le attuali previsioni almeno fino alla fine del 2016, è già stato oggetto di elaborazioni teatrali e argomento di alcuni radiodrammi.
  Il giudice che presiede la corte, otto togati in tutto, non è uno qualsiasi, ma lo stesso Manfred Götzl già noto per un processo contro un criminale di guerra nazista, responsabile di un massacro di civili nei pressi di Cortona, condannato all'ergastolo. In questi primi due anni di dibattimento si è dimostrato fermo e deciso, rigettando tutte le eccezioni presentate dalle difese che vorrebbero trattare esclusivamente gli episodi criminali e sorvolare sulle motivazioni “politiche” e sui collegamenti esterni dei tre.
  Quello che è emerso sino ad ora con assoluta chiarezza, anche se nessuno ha per ora il coraggio di esprimerlo in modo compiuto, è che i tre abbiano avuto contatti con singoli e associazioni per tutto il periodo della latitanza e che i vari servizi sapevano benissimo che cosa stessero facendo. Anzi, sembra addirittura che procedessero, tramite agenti sotto mentite spoglie, su ordini specifici. È risultato, ad esempio, che il comportamento dei tre era perfettamente conformato, nei modi e negli obbiettivi, a un manuale intitolato “Sonnenbanner” (La bandiera del sole), dal quale si potevano apprendere le regole fondamentali della clandestinità, mentre l'obiettivo da raggiungere era la solita destabilizzazione per potere, attraverso una fase di guerra civile, imporre alla Germania un regime autoritario di stampo nazista. Il manuale fu trovato a casa della Zschäpe nella perquisizione del 1998 ed è risultato che ne fu autore Michael von Dolsperg, un infiltrato nel movimento nazista, che lo compilò su sollecitazione del suo anonimo contatto all'interno dei servizi segreti. L'opuscolo, a quanto pare, ha molti punti di contatto con il famoso manuale del “Werwolf” (lupo mannaro), l'organizzazione di “stay behind” della quale fu capo il famigerato Reinhard Gehlen, l'alto ufficiale delle SS, chiamato dopo la fine della guerra dagli americani per organizzare i servizi segreti della Germania occidentale.
  I fatti oscuri che emergono mano a mano che testimoni e coimputati depongono, mandano in brodo di giuggiole gli amanti di complotti e cospirazioni. L'ultimo omicidio del trio, la poliziotta in servizio a Norimberga, ma originaria della Turingia, è un vero e proprio invito a teorizzazioni ardite, dato che i rilievi fatti sul luogo del delitto sembrano fatti da “acciacconi” e non da poliziotti esperti, le cui dichiarazioni sono in parte in contrasto con quanto risulta dai rilievi (a parte il fatto che uno dei tre telefoni che la vittima avrebbe avuto con se è stato ritrovato nel letto del fiume che scorre nei pressi, mentre in un verbale era stato descritto accanto al cadavere della poliziotta).
  Ma ce n'è anche un'altra che sembra fatta apposta per ingenerare grossi interrogativi. I poc'anzi citati Edathy e Fischer, nel 2014 sono stati a sorpresa coinvolti in una inchiesta che ha portato alle loro dimissioni, una ricca tazza nella quale inzuppare il pane del sospetto.
  Gran parte delle sedute a venire si occuperanno dell'aspetto strettamente criminale degli omicidi commessi dai tre, ma mano a mano che deporranno testimoni “politici”, crescerà all'orizzonte una minacciosa nuvola nera che potrebbe trasformarsi in una bufera politico-costituzionale per la Germania, un paese che non riesce ancora a occuparsi del proprio oscuro passato in modo trasparente.